Illuminante monotonia
perseverava
folgorata dalle cesoie
del sicario combattuto
se recidere cranio
o abbandono estatico,
abietti di gran lunga
per il taglio
di ali fulgide
e perlescenti
seriale.
S’accingeva
allo spietato rituale
inquadrando la Donna
in alveari di cristallo,
ahi che turpe paesaggio
poter sfiorar la libertà,
e grate arruginite
da torpido candore.
In costante sevizia dorata
il Mite ardore
non ebbe che
mani legate
e pensieri scoscesi,
soffusi fra gli astri,
ma di tutti gli umori
spezzati
il lontano ricordo
di chi amò
straziava le albe
soggiocanti
assopendo il velato
fiore della gioventù
tra affanni
e logoranti inganni.
Tu che mai mi fosti
di peso,
di te porto il fardello
di non viverti.