Il pendolo scandì
il rapido effluvio
di carni tremule,
oscillando scoscese
inermiΒ sequenze
di scuri timori.
OscenitΓ
rese Libeccio,
di volo mi librai
in prismatiche rifrazioni
dello spirito,
ramoscelli soffiati
in varianti arcobaleno,
assaggi di pretenziose
amarene caramellate.
Leggiadra erezione
la veste sfiorΓ²
le radure
di cardi e spini,
l’ombra soggiase
di proverbiali
crepe d’aria,
nel mentre
la mano aleggiava
di libertΓ perentoria
sedotta da praterie
pistilli inebrianti l’incanto
piΓΉ puro.
Macchie di limone,
arance sul soffitto vagabondo,
sorriso spatolato di noi.
Cuore mio,
soffocai di fulgida
ammirazione
il tuo sapore zuccherino
dal nero distillato
dell’asincrono diapason
che interruppe
il peregrinar di miele
verso l’oblΓ¬o di seta,
Calipso agitΓ²
i cieli e i mari dei naviganti.
Fu vita
e violette di Parma.