Occhi stanchi,
di indelebile resa di infiniti orrori
e dosate gioie,
fissi rivolti all’ultimo addio
disegnato sulla clessidra
dei nostri venti. ΓΒ burrasca.
Non si dovrebbe veder perire
luce di vita, flebile fuoco rimasto
in cuor mio
nei lunghi orizzonti di lande,
cristalli di neve
e inospitali deserti.
Non v’Γ© riconversione
solo lamento infinito nel petto
che nessuno sopperirΓ .
Dimenticandomi del nulla.
SparirΓ² per non udire
la pazzia cieca del dolore,
le grida impazienti
del cielo oscuro,
grigio e basso su di me.
Mani che si ergono
cercando un dio
che non consola,
dove trovare la candida
quiete.
Amor mio,
senti che faticosamente ansimo
e non ho che lacrime da donare al prossimo.
Smisi ad un tratto di essere,
getterΓ² carte timbrate
con un nome
che non so piΓΉ,
chiedendomi chi fosse
chi Γ© stato.
Non mi appartengo,
non appartengo,
chi sono io
che non sono mai stata.