Lasciati ascoltare
nella pallida distesa
di un mattino d’inverno,
il fantasma steso
insondabile l’emozione
scura. Tetra.
Saperti,
privilegio rivelato
nel religioso autunno
abbozzato,
l’inferno di passioni smaterializzate
in frammenti
brandelli. Gemiti sul collo.
Nervosi volti solcati
giocavano contrastando
intimitΓ
e sguardi sconnessi,
in disincanto ritratto,
istanti rubati
affini alla folle
maledizione
della piΓΉ grande
gabbia dell’uomo
adornata dallo stesso
secondo precise leggi.
Nuvole dense
di soppiatto
nell’aereo accecato
dalle prime luci
fuggevolmente in partenza,
la mano nella pozza
acquatica
muta e trasfigurante
percezione e tocchi
di desideri,
allucinazioni vibranti.
Distendo il passo,
sensuali turbamenti
sfociano in respiri
dolci e incombenti,
riflessi eleganti
sulle poche ombre
di neve,
ferite sulla terra
spoglia e maltrattata.
L’incubo di cancellarti
stringendo fra le mani
la durezza della dissolvenza,
corona d’alloro che cinge
il volteggio del nostro libero vagar
pel mondo.