D’imperturbabili moine
si destava la notte cagionevole,
sopra scacchiere di marmi
le inadeguatezze arrecavano
piani collaudatiΒ e sassi
su fluide strettoie di vivide immagini.
Una sinfonia azzurra celava
il siffatto temporale novello,
perfetta esecuzione
di superflua anatomia
e remote veritΓ
comprese acerbe.
Il distacco dall’amata
disdicevole tripudio di corone d’allori,
pedine cangianti
supponenti al macello afono.
Carni sensuali,
affrante da amputazioni visive,
un’altra blasfema pillola
elargita non senza contrari.
La giustezza marciva
e il cieco asseriva
non si vedesse abbastanza,
la penombra risplendeva
di fulgide scintille
fra biechi cicli d’assenza
di ragione,
interpellate le frontiere
al dramma
si recavano artifizi illusoriΒ d’errore
nel perpetuare l’estinguersi.
Tanto abituati
alla sciocca seppur misera menzogna,
che disonestΓ
vestì la follia
di un girotondo senza fine.
Libero arbitrio
su fondale immutevole,
il rifiuto del bistrattato
a portare il peso
di molluschi dalla considerazione rilevante.