Cupo dolor
tra scartoffie accumulate
in giorni di noncuranza.
Depravazioni sordide complici,
fatiscenti come il non amato
che sozza le mani
di languidi poemi omicidi.
Falso, come le labbra
invadenti d’effusioni
malgrado le ciglia battenti
all’unisono di viltΓ d’amor.
Naturale come passeggiare
indifferenti nel cuore
della notte,
spalmando pappa reale
su bugiardi addii.
Delle parole del marinaio
non vi fu traccia,
nΓ© di sete inarrestabile
di morbidi baci.
Prenderon il posto
angosciaΒ regredita
mentre impetuoso
il vigore della sirena del porto
richiamava a gran sibili
il letto d’orchidee
sparso di vellutateΒ onde.
Un baleno improvviso,
l’eco di vecchi assassinii
e oracoli propizi,
a divider in nuove faglie
indimenticate,
implacabile vergogna
di miserie di mezzi uomini
maldestri
e profondamente mesti,
chi si voglia ammalare
resti
nel fresco veleno ipnotizzante
di un cobra.
Cuore d’orso,
stavolta il frassino
non caverΓ
le tracce del tuo passaggio
per patetiche trame
di servili abiette degustazioni
di sangue.
La luna ricadrΓ a masso,
ciò che il fato unì.