Una ricurva figura
in controluce
sorreggeva la distante
chiassosa caparbietΓ ,
al passaggio di sottili
fasci luminosi
lenivano pensieri d’ingombri.
Decostruzioni temporali
disarticolate,
uno sparo di netto
in buchi neri dimensionali,
precipitate da posture
inermi, grotteschi
palazzi intinti
nella radente nullitΓ
insipientemente risollevate.
Se le sorti di tendoni
distratti potessero
recare strutture
di pietre su argilla
intrisa di lacrime
piovane.
Ticchettii dosati
su inchini infettati
di ferocia,
l’immanente assenza,
un deserto di gran passo
fra miraggi di borracce.
Spine in gola
e cespugli a impolverare
il segregato cuor,
gusci di carne affondati
nella traversata verso il ritorno.
Sotto un salice,
la quiete avvolgente
del nostro lago,
un’intesa attesa
per quel bacio disatteso,
circondati di stelle cinguettanti
e timori inconfessabili.
Baciami in un piccolo
borgo di ricordo,
fintanto l’imbrunire
offuschi la fresca ansia,
spettatrice del dolore
in questa veglia sorda.
Ciechi di veritΓ .
Adornata la glassa delle mie pupille
all’armonia pacata della tua voce
di arguto tocco
e sublime assenza.
Maestosa delizia taciturna
a sfiorar le gote arrossite
di gentili umori.
Baci voluttuosi d’incanti perduti,
perfidi misteri di vil distacco.
Notti inquiete a sedar
angosce di morte,
tormenti d’amor.