Instancabili facezie
umori lignei
in orari di giacenze
prive di fondamento,
si lasciava rimirare
il fondale delle suppliche
rivoltose
e raggelanti rinunce,
purchè non lo si profetizzi
impropriamente
con i toni malconci
delle disgrazie d’amore.
Ahi.
Crepe lussureggianti
di cime rigogliose
dove albeggiava
la speranza di svanire,
della stessa mortal natura
di una nota stridula
incessantemente convergeva
su pregiate corde
ridondanti,
sinfonieΒ distolte
d’intromissioni
dalle goffe cadenze.
Strazi arrecati,
passi di terra bruciata
e grida d’orrore,
lagune d’odio
e baie d’astio.
Naufraghi d’epoche
indolenti
tra paludi melmose,
il vascello impantanato
si arenΓ² inesorabilmente
dileguandosi nelle aride pozze,
denso di nostalgia
caricava corpi predestinati,
vite tatuate,
menzogne farfugliate
e per nulla concesse.
La fioritura del niente
che soggiace
si protrasse
sino ad estinzione
del racconto errabondo.
Mancammo di vanitΓ Β meschina
nel ricamo di fantasiosi inganni
in vendita,
dall’inerzia offuscata
furon bagliori, lampi,
voceΒ del magma primordiale
laddove crebbe il tutto
che tace.
Infine.
Le labbra incandescenti
sfiorarono le rughe
in un morbido ricordo.