Riparati da tettoie
d’inganni pretestuosi,
asciugammo le labbra
difendendoci con baci
perlati ascensionali,
auree dei Fenici
il fumoso molo
di notti mute
e spine conficcate,
un ricercatoΒ ricordo vestito
d’iniziali in tronchi.
Soffio d’estate,
magiaΒ e preziositΓ
il susseguirsi di mesi
intirizzì vitigni,
proscenio di radure
lievemente toccate
da universi astratti
e rigate da fitta boscaglia,
pensieri di rugiada.
Esili scheletri ammonivano
vie non battute,
sterrate,
aghi di pino ammorbiditi
dal fresco incanto
di luci fluttuanti
pulsazioni eroiche,
le ultime stele di un mondo
genuino.
L’oscuro richiamo
discese in una cortina
omogenea.
Di voltarsi non si seppe
l’ora,
si narrava di commossi
occhi vergini
e ardite parole
di cui s’intraprese
la rotta
senza traccia.
Arrivederci amor.